La pandemia ha accelerato il ricorso a modalità di lavoro a distanza diffuse. Sanofi, che promuove lo smart working dal 2014, ha colto questa occasione per accelerare un profondo cambio di cultura organizzativa.
Come e con quali risultati, lo abbiamo chiesto a Laura Bruno, HR Director Italia e Francesco Veneziani, Responsabile Relazioni Sindacali in Sanofi Italia.
di Roberto Monti, Sales Manager e Partner VisionMind
L'intervista a Laura Bruno e Francesco Veneziani è stata pubblicata dal trimestrale AIDP Direzione del Personale nel numero di Marzo 2021 (a pag. 48). La Redazione di DdP ci ha gentilmente concesso la riproduzione.
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Sanofi ha recentemente attivato un innovativo accordo di lavoro agile per le proprie sedi di Milano e Roma che aumenta ulteriormente il livello di flessibilità lavorativa e di autonomia delle sue persone. Quali difficoltà avete incontrato nel percorso e come le avete superate?
L’enorme impatto emotivo e personale che la situazione emergenziale ha determinato su ognuno di noi ha, di fatto, spinto il processo di cambiamento già in atto mettendo in evidenza nuovi aspetti che oggi risultano assolutamente cruciali nel nostro sguardo al lavoro del futuro: la condivisione di valori, emozioni, l’accettazione e integrazione di una sfera più personale e familiare, un approccio più “compassionevole” verso le difficoltà del singolo.
Abbiamo rivalutato e ripensato le condizioni di lavoro in termini di maggiore autonomia, organizzazione per obiettivi e digitalizzazione delle attività, con l’obiettivo di trovare insieme un nuovo equilibrio tra vita privata e vita professionale. In questa fase abbiamo sperimentato e accolto approcci e comportamenti nuovi, stili di leadership e modalità di "vivere" il lavoro profondamente diversi. Le difficoltà incontrate ci hanno spinto a superare insieme alcune naturali resistenze al cambiamento, partendo proprio dai nostri leader.
L’accordo sottoscritto ha quindi previsto innanzitutto l’opportunità di estendere il lavoro agile “sino a cinque giorni nella settimana” in modalità del tutto strutturale rispetto a quanto inizialmente sperimentato da febbraio scorso. Il lavoro agile ha inevitabilmente favorito un’articolazione ancora più flessibile dei tempi e dei luoghi della prestazione di lavoro, ha altresì suggerito la direzione di una modalità di lavoro mista che alterni giornate in presenza e in remoto e che ci permetta di sostenere il business, favorire la produttività ma non rinunciare alla condivisione e alla partecipazione dei collaboratori alla vita aziendale. Abbiamo rivisto il concetto di “gestione del tempo” attraverso una profonda modifica dell’assetto normativo.
Va sottolineato che il percorso è stato soprattutto culturale, venendo noi da anni di smart working già consolidato per due giorni a settimana su regime volontario, le nostre persone e i nostri manager, rispetto ad altre realtà, erano sicuramente più preparate dal punto di vista tecnologico, ma anche per una già consolidata gestione per obiettivi e non per attività. Il punto di snodo è stato passare da una valutazione delle persone, non tanto rispetto alla loro disponibilità di tempo, ma in termini di risultato qualitativo oltre che quantitativo e di impatto rispetto ai valori che sono fondanti per Sanofi.
Quanto ha contato la fiducia?
Per fornire e poter contare su un pilastro gestionale abbiamo sviluppato una policy, il Galateo del lavoro agile elaborata con il supporto di esperti esterni. L’abbiamo definita, discussa e condivisa con le rappresentanze sindacali. In pratica abbiamo scritto “una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità totale, autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare per il lavoro, a fronte di una maggiore responsabilizzazione condivisa rispetto ai risultati”. Le persone cercano una leadership empatica, autentica e trasparente. I manager sono quindi incoraggiati ad adottare un approccio che alimenti un clima di fiducia e stimoli il senso di responsabilità dei propri collaboratori. La priorità del manager è quella di stabilire e alimentare relazioni costruttive con il proprio team, vedere il collaboratore come “una persona nella sua interezza”. Fondamentale è stato rafforzare i processi di ascolto attivo e di feedback, promuovere modelli che premiano i risultati raggiunti con coraggio, autonomia e spirito imprenditoriale.
Cosa significa passare da una cultura della “disponibilità” a una gestione dei collaboratori fondata su obiettivi e risultati?
È un processo di trasformazione che richiede tempo e la capacità di guardare a più leve insieme: cambia il modo di fare management, di sviluppare nei collaboratori un senso di maturità e metodo nell’approccio al lavoro, di agire con pianificazione e collaborazione sugli obiettivi da raggiungere.
Imparare, disimparare e cambiare: la capacità e l’agilità di far maturare una maggiore consapevolezza sulla trasformazione in atto sull’organizzazione del lavoro e la ricaduta nella gestione dei collaboratori, modificando “l’agire manageriale”: dalla gestione delle attività (cultura del controllo) alla gestione dei risultati (cultura della misura). Superare il modello di leadership tradizionale basato su gerarchie stabili e rapporti di potere con una gestione focalizzata sul micro-management.
Favorire una cultura d’impresa fondata sulla valorizzazione delle diversità e dell’inclusione, anche attraverso l’adozione di buone pratiche, culturali, organizzative e gestionali, improntate sia al rispetto dei diritti e della libertà delle persone, sia alla tutela delle fragilità.
Dalla gestione delle attività (cultura del controllo) alla gestione dei risultati (cultura della misura).
Come avete diffuso e messo a terra gli elementi di questa nuova cultura?
Nell’ottica di promuovere una work-life integration dei dipendenti, abbiamo favorito sia il rispetto degli spazi professionali che personali, attraverso la condivisione del Galateo ovvero di buone pratiche di convivenza che mettano in atto e valorizzino comportamenti caratterizzati dal senso di responsabilità del singolo lavoratore. Di seguito i tratti salienti:
- Rispettare il tempo altrui; smart working non vuol dire essere reperibili e lavorare h24, i confini tra vita professionale e vita privata diventano più fluidi, occorre imparare a staccare la spina (diritto alla disconnessione)!
- Allinearsi, periodicamente e quanto basta con il proprio team e i propri responsabili; riservarsi nell’arco della settimana momenti di lavoro “liberi” da riunioni.
- Evitare l’invio di mail e messaggistica fuori dall’orario lavorativo (il sabato, la domenica e nei giorni festivi).
- Evitare di programmare, quando possibile, riunioni durante la pausa pranzo e fuori dall’orario lavorativo, nel rispetto di un coerente bilanciamento vita-lavoro; verificare la disponibilità dei partecipanti alle riunioni attraverso i calendari condivisi per non creare impegni sovrapposti.
- Non pianificare, quando possibile, riunioni da remoto continuative, prevedendo comunque pause qualora dovessero superare i limiti temporali previsti.
Il cambiamento culturale ha determinato la necessità di affrontare con decisione l’utilizzo di alcune leve progettuali, attraverso percorsi di formazione finalizzati a riorientare l’agire di nuovi comportamenti e i simboli dell’organizzazione (es. spazi di lavoro, parcheggi senza assegnazione, revisione del servizio mensa con inserimento dei ticket restaurant). Si può pensare che i momenti in azienda saranno sempre più quelli di scambio e convivialità, anche informale, e che sarà necessario ripensare progressivamente gli spazi e i luoghi di aggregazione.
SANOFI
Società leader nel settore della salute e della prevenzione. Presente in Italia con oltre duemila persone, quattro unità di business e quattro siti produttivi, interpreta da sempre la crescita del proprio business come indissolubile a quella del Paese. Favorire l’accesso alla salute e all’innovazione, supportare le comunità più fragili, ridurre l’impatto delle proprie attività sull’ambiente, e promuovere un ambiente di lavoro inclusivo sono le aree prioritarie in cui si esplica la sua responsabilità sociale d’impresa.
Come è stato gestito lo sviluppo della digitalizzazione? Quali i temi ancora aperti?
La trasformazione digitale sta avendo un’accelerazione esponenziale, rendendo ancora più pressante l’esigenza di adattarsi e rimanere competitivi.
La nostra priorità rimane quella di formare ed educare i collaboratori all’uso e alla padronanza delle tecnologie emergenti cercando di differenziarne l’utilizzo per aumentarne l’efficacia, ad esempio, scegliendo attentamente lo strumento di comunicazione da utilizzare a seconda delle specifiche esigenze per limitare l’utilizzo delle mail: servirsi della chat se subentra la necessità di avere una risposta immediata o di una call per un chiarimento su una questione complessa.
Per lo svolgimento della prestazione in modalità agile il lavoratore è tenuto ad utilizzare gli strumenti in conformità con le disposizioni di legge e le normative aziendali in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, tutela della privacy, proprietà intellettuale, sicurezza informatica e cura dei materiali. Lo svolgimento dell’attività lavorativa dovrà avvenire quindi in ambienti e in condizioni che non comportino rischi per la salute.
Le persone cercano una leadership empatica, autentica e trasparente.
Come e quanto viene incentivata la creatività in Sanofi, e che impatto avete verificato sullo sviluppo di innovazione nella quotidianità lavorativa delle vostre persone?
Cerchiamo di portare i nostri team a sperimentare soluzioni innovative e di successo, li stimoliamo ad accettare gli errori come tappa di un percorso di miglioramento e di crescita personale e professionale fondamentale e continua. Reinventare il modo in cui lavoriamo è uno dei pilastri chiave della nostra strategia Corporate che risponde al nome di PlaytoWin ed enuncia: “Promuovere un ambiente di lavoro in cui le persone abbiano il coraggio di porre domande; rendere le cose semplici significa stabilire delle priorità; si agisce per migliorare e creare valore; essere collaborativi è il modo migliore per ottenere risultati”.
Creare un clima di fiducia in cui anche l’errore non sia penalizzato, se volto a ricerca di strade nuove ed innovative, è senza dubbio un passaggio non facile che richiede tempo ed impegno del singolo e dell’organizzazione.
Tra i valori che contraddistinguono la vostra organizzazione c’è il Coraggio, che anch’io ritengo assolutamente fondamentale. Com’è declinato in Sanofi? Cosa chiedete ai vostri manager da questo punto di vista?
Rafforziamo il nostro senso di community attraverso Double Down our Company Values specialmente in un contesto come quello attuale caratterizzato dalla distanza fisica e dal possibile senso di isolamento.
I valori aziendali sono rievocati e resi concreti costantemente.
Devono ispirare e guidare i nostri team. Il “coraggio” significa assumere in prima persona le proprie responsabilità, porsi obiettivi sfidanti per superare la propria zona di comfort e far leva sul potere delle domande. Ai manager chiediamo di concentrarsi più sulla capacità di ascolto che nella presunzione di riuscire a dare sempre la risposta corretta. L’ascolto e lo scambio deve essere continuo e funzionare in entrambe le direzioni, sia bottom up che top down.
Le culture organizzative cambiano nel tempo, in coerenza con i propri valori fondanti, e i mutamenti sociali e dei mercati: cosa prevedete potrà accadere nel prossimo futuro, e come pensate di attrezzarvi?
Serve una grande consapevolezza: scegliere le persone giuste, sviluppare modelli di gestione efficaci e costruire percorsi di sviluppo coerenti con gli obiettivi di business è un imperativo.
Quella che stiamo vivendo è davvero un’esperienza collettiva che ci sta facendo crescere e che non fa che aumentare la determinazione con cui vogliamo ripensare e disegnare il nostro modo di lavorare insieme domani. Una cultura del lavoro che già oggi iniziamo a percepire diversa. Impostata su equilibri nuovi, sulla responsabilità e l’imprenditorialità del singolo, sulla capacità di delega, la flessibilità, l’efficienza e la collaborazione. Cercare un nuovo inizio. Non si può tornare indietro.
Bisogna far tesoro delle esperienze, anche quelle difficili, e cogliere l’opportunità di ripensare il lavoro per renderlo più flessibile, attrattivo, inclusivo, in una parola più agile.