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Ne parliamo con Sara Scapinello, Direttore Learning, Development e Organizzazione Lavazza Group.

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di Barbara Calvi, Managing Director e Partner VisionMind

L'intervista a Sara Scapinello è stata pubblicata dal trimestrale AIDP Direzione del Personale nel numero 204 di Marzo 2023 (a pag. 40). La Redazione di DdP ci ha gentilmente concesso la riproduzione.

L’articolo
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Sara Scapinello, Lavazza GroupAvevamo già avuto modo di incontrare Sara Scapinello nel 2017. In quell’occasione avevamo parlato a tutto tondo di un processo di cambiamento che aveva visto il suo esordio proprio con la nascita di Nuvola, il centro direzionale polifunzionale che Lavazza aveva voluto dove tutto era iniziato, con un progetto di riqualificazione non solo dei propri spazi aziendali, ma anche e soprattutto di un quartiere.
Sono trascorsi più di cinque anni, e sono stati anni densi di eventi economici, sociali, naturalmente sanitari che hanno ulteriormente sparigliato le carte e richiesto di affrontare sfide che non erano neppure all’orizzonte all’epoca della nostra conversazione.

Lavazza, come sempre, non solo ha gestito la situazione, ma ha voluto, negli ultimi 18 mesi, imprimere una ulteriore accelerazione, rendendo reale e tangibile un nuovo approccio nel gestire le relazioni in azienda: la nascita di Lavazza Group, la definizione di un set di Valori coerenti con il passato, il presente e il futuro, il lancio del PDP, un processo di Performance, orientato allo sviluppo e al benessere delle risorse, una importante campagna di D&I, un sistema di welfare e smart working molto sfidante e innovativo.
Sara Scapinello, oggi Direttore Learning, Development e Organizzazione Lavazza Group, ha avuto il compito non solo di dare forma, ma di accompagnare le persone nella comprensione, nell’accettazione e nella implementazione di questi cambiamenti.

Dr.ssa Scapinello, Lavazza sicuramente non è un’azienda che si ferma. È riuscita a rimanere estremamente dinamica, pur in un momento storico in cui la prudenza sembra trattenere molte organizzazioni. Qual è il vostro motore? Cosa vi fornisce la visione e l’energia per poter agire su così tanti fronti?

Ritengo che in momenti come questi serva avere una visione a medio/lungo termine, accompagnata dal coraggio di rimanere coerenti con i propri valori e la propria identità. Certo la solidità finanziaria contribuisce a creare le condizioni per gestire quella che possiamo definire “la tempesta perfetta” ma serve comunque una grande lungimiranza per continuare, anche in questi momenti, ad investire e crescere, rinunciando anche a parte degli utili. E il Gruppo Lavazza lo ha fatto recentemente annunciando una nuova acquisizione sul mercato francese.

Focalizzando l’attenzione sulla sua area di intervento, abbiamo visto numerose importanti iniziative: la nascita di un Gruppo internazionale, Valori, Performance Development Process (PDP), D&I, Welfare. Qual è il filo conduttore? Che ruolo ha avuto il suo dipartimento nel sostenere la strategia organizzativa in questi anni complessi, attraverso le iniziative che abbiamo citato?

Il filo conduttore di tutte le trasformazioni in atto è sempre stato l’attenzione per le persone, una prospettiva di costruzione di “valore condiviso” con gli stakeholder.

La centralità dei valori in un momento storico come questo è fuori discussione e lo è ancora di più la coerenza dell’agito. Quando abbiamo attraversato la pandemia, la funzione Risorse Umane è stata davvero dirimente nella gestione della crisi: attenzione massima alla sicurezza, trasparenza nelle comunicazioni, promozione di opportunità di formazione virtuale per mantenere viva la relazione, sportello di supporto psicologico. La scelta di favorire il rientro in ufficio, riconoscendo il valore della relazione in presenza ma allo stesso tempo promuovendo una politica di smart working che recentemente si è tradotta in un nuovo contratto integrativo che offre ulteriore flessibilità e attenzione alle politiche di Welfare e di D&I.

Inoltre, la costruzione di un Gruppo in una prospettiva internazionale richiede di guardare alla gestione e valorizzazione delle persone, costruendo un’esperienza di senso e dei processi HR che tengono conto di sensibilità molto diverse.

Anche rispetto alla definizione dei Valori di Gruppo, c’è stata grande attenzione a tenere insieme la peculiarità della visione imprenditoriale ma anche l’identità dei nostri brand, con uno spirito autenticamente “inclusivo”. Non i valori di Lavazza ma qualcosa di “nuovo”, un blend of brands (come ci definiamo) che fosse anche di facile comprensione per tutti.

È per me motivo di grande soddisfazione, vedere come i valori del Gruppo sono oggi fisicamente presenti nelle sedi attraverso poster e digital screen, come facciano parte integrante dei percorsi di induction e di formazione: soprattutto all’estero, negli Stati Uniti ad esempio, dove i valori sono davvero interpretati come principi di business e devono avere una rappresentazione fisica e concreta. È un fatto, appunto, di cultura su cui è indubbio che la funzione HR possa incidere, innestando comportamenti nuovi e allineati con la strategia del business. Il processo di costruzione dell’identità di Gruppo a partire dai Valori è proseguito nel tempo con la ridefinizione del Codice Etico e di un “corpus” di policy che è direttamente agganciato ai valori e comunicato in un programma esteso a tutte le persone in Italia e all’estero.

Entrando più nel merito del PDP, quali caratteristiche lo rendono particolarmente innovativo in una azienda che ha sempre preferito valorizzare un approccio evolutivo, piuttosto che di discontinuità?

Abbiamo davvero scelto un approccio evolutivo, con un’ottica di lungo periodo. Con la revisione del processo di performance management ci siamo dati alcuni obiettivi chiari: costruire una cultura del feedback, diffondere i valori di gruppo e lavorare in maniera decisa sulla motivazione, preparare il terreno per la definizione di una strategia di sviluppo che prenda in considerazione diversity mix e talent pool internazionali. Questi obiettivi si sono tradotti in un processo che incoraggia conversazioni di feedback più frequenti, che sostituisce tradizionali modelli di leadership (abbiamo proprio abolito anche la parola perché si presta a troppe “distorsioni”) con dei commitment strettamente collegati ai Valori, che promuove momenti dedicati a cogliere la motivazione e l’aspirazione delle persone in una dimensione di “bisogno e desiderio”, che dà l’opportunità di definire degli obiettivi di sviluppo sapendo di avere, in logica totalmente on demand, una serie di risorse formative per lavorare, quanto meno su un primo livello della competenza.

Lavazza born social 1895

La costruzione del processo PDP è stato anche un vero laboratorio internazionale. Ci può raccontare il percorso che avete scelto e per quale motivo non avete utilizzato un più rapido approccio di cascading HQ a Countries?

Io ritengo che il percorso sia ancora più importante della meta, o meglio non c’è risultato senza il cambiamento che si genera nel prepararlo. Abbiamo costruito volutamente un team HR internazionale che ha partecipato al disegno del processo, perché appunto il performance management contribuisce a creare una cultura di Gruppo. Disegnarlo “a tavolino” da Torino per me avrebbe significato perdere una grande opportunità di integrazione e di comprensione delle sfumature “culturali”. Abbiamo dibattuto e discusso molto, su ogni singola etichetta all’interno del sistema (nomi delle fasi, scale di valutazione...), proprio per cercare di costruire un “senso comune”. Siamo partiti con una survey di Gruppo per capire quale fosse il “vissuto” e quali fossero le aspettative delle persone. Anche per dare un meta-messaggio: la cultura del feedback e dell’inclusione non può partire che dall’ascolto.

Infine, per accompagnare il nuovo processo abbiamo costituito il primo team di champion a livello internazionale: persone del business che sono state coinvolte nella progettazione e nella “sperimentazione” di tutte le iniziative di formazione/ comunicazione che abbiamo costruito intorno al nuovo processo.

Di nuovo anche questo è stato un modo per costruire un network di manager internazionali, puntando all’integrazione.

Questa modalità di coinvolgimento basata su ascolto, co-creazione, partecipazione ha caratterizzato anche l’avvio di tante iniziative collegate alla D&I, visto che l’azienda ha scelto tra i suoi obiettivi di sostenibilità prioritari il goal 5 su gender equality.

Immagino che lo sforzo principale sia stato supportare le persone nella comprensione e nell’utilizzo del processo. Come avete accompagnato questo percorso, complesso e gestito in un modo ibrido? Quali sono stati gli ostacoli più difficili da rimuovere? Quali le soddisfazioni più belle?

Assolutamente. La parte tecnico-funzionale è stata molto facile da gestire: conoscevamo lo strumento, gli HR dei paesi essendo a bordo fin dall’inizio hanno maturato le competenze per presidiare il processo.

Il piano è stato davvero molto articolato e complesso, un mix di risorse virtuali, digitali, attività in presenza.

Un insieme di opportunità di accompagnamento individuale, di team, per cluster di popolazione omogenea o a livello di gruppo.

Siamo partiti con dei toolkit di onboarding che gli HR dei mercati hanno gestito in autonomia, a valle di un train-the-trainer comune.

Il momento ufficiale di lancio è stato un “Activation Lab” dove in tre settimane e mezza abbiamo coinvolto 1850 persone in laboratori virtuali di 3 ore, in 4 lingue. Le persone sono state ingaggiate nella comprensione dei valori che permeano il modello di valutazione attraverso delle sfide di squadra: tutti i feedback sollecitati e scambiati durante i laboratori sono confluiti in un montepremi. La squadra vincitrice ha votato un progetto sostenibile cui è stato appunto devoluto il montepremi. Sottolineo che per noi la “gamification” non era importante come mero meccanismo di ingaggio: era funzionale a ribadire che l’allineamento dei propri comportamenti con i Valori del Gruppo concorre a rendere il nostro purpose concreto e volto alla sostenibilità.

Sara Scapinello, Lavazza

A valle del laboratorio abbiamo lanciato un ambiente digitale in 4 lingue, dove utilizzando la metafora della moka e della pausa caffè abbiamo accompagnato le fasi del processo con una serie di contenuti dedicati a ciascuna fase: learning bite costruiti ad hoc e un ampio catalogo di risorse formative online (abbiamo integrato Linkedin Learning). Siamo veramente soddisfatti del risultato: il 75% della popolazione coinvolta accede al portale del PDP e sono stati visualizzati/completati oltre 4.500 corsi online in pochi mesi.

In parallelo abbiamo costruito una serie di proposte formative in virtuale, le cosiddette palestre dedicate al feedback, alle coaching skills, e alla gestione di un feedback inclusivo (ovvero consapevole rispetto a stereotipi e bias).

Come dicevo abbiamo lavorato su una “segmentazione” vera e propria dei momenti e dei target: ai manager e senior manager abbiamo offerto delle sessioni di coaching individuale per potersi confrontare con un coach esterno, in uno spazio di confronto “protetto”.

Insomma, lavoro di squadra su cui la competenza e la passione del team L&D è stata fondamentale per la costruzione di tutte le risorse comunicative e formative che ora sono un patrimonio per tutto il Gruppo.

Infine, vorrei citare uno strumento che ritengo davvero innovativo: come vi dicevo attraverso il PDP vogliamo rafforzare una cultura di Gruppo centrata sui Valori. Avendo sostituito il modello di leadership con dei comportamenti agganciati ai Valori, fare in modo che le persone acquisissero familiarità era un passaggio chiave e decisivo per l’introduzione del modello.

Abbiamo valutato tanti “format” (teatro, storytelling...), poi abbiamo deciso di costruire un questionario di profilazione che consente a ciascuna persona che lo compila di vedersi restituito un profilo che per ciascun valore e comportamento (noi li chiamiamo commitment) indica quanto le proprie caratteristiche sono in linea (intese come attitudini) e quanto si è motivati ad agire il comportamento.

Inoltre, il report fornisce una serie di suggerimenti utili per l’autosviluppo, facendo riflettere le persone su come alcune situazioni professionali possono incidere sulla propria efficacia nell’applicazione dei comportamenti e su come alcune azioni, anche semplici, possono appunto aiutare a svilupparli. Questo per me ha avuto una doppia valenza: aiutare le persone a riconoscere la propria unicità, acquisendo consapevolezza di come caratteristiche personali e motivazioni possono incidere sulla nostra efficacia professionale. Ma è anche uno strumento di costruzione della “sicurezza psicologica” di cui oggi molto si parla: stare dentro un sistema valoriale di un’azienda significa saper riconoscere come alcune delle nostre caratteristiche sono riflesse in quel sistema valoriale e come si traducono in azioni e comportamenti visibili.

È un passaggio sofisticato certo, ma a mio avviso potente per rendere autentico (uno dei nostri valori è proprio l’autenticità) il proposito di rendere il performance management uno strumento orientato allo sviluppo, alla crescita e alla motivazione dei collaboratori. Che oggi appunto sappiamo aver una valenza molto più ampia di quella che aveva in passato e che abbracciare come sfida è fonte di grandissima soddisfazione professionale». Grazie mille Dr.ssa Scapinello alla prossima!