CNH Industrial, il nuovo Gruppo nato nel 2013 dalla fusione di Fiat Industrial e CNH Global, è un’azienda leader nel campo dei capital goods e progetta, costruisce e vende macchine da lavoro. Guido Moscheni, HR Business Partner FPT Industrial, ci racconta la storia di questa interessante realtà.
di Roberto Monti, Sales Manager e Partner VisionMind
L’intervista a Guido Moscheni è stata pubblicata dal trimestrale AIDP Direzione del Personale nel numero 168 (a pag. 44). La Redazione di DdP ci ha gentilmente concesso la riproduzione.
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Delle vicende relative al Gruppo Fiat-Chrysler sappiamo molto, informati quotidianamente dai media nazionali e internazionali.
Probabilmente conosciamo meno ciò che sta accadendo intorno agli altri fondamentali prodotti del gruppo, come camion, autobus, macchine agricole, macchine movimento terra, motori: se ne occupa CNH Industrial, realtà nata nell’ottobre 2013 che accoglie, sotto un unico cappello, business profondamente diversi tra loro per storia, cultura, mercati, persone, con tutte le implicazioni del caso in termini di sviluppo internazionale.
Uno di questi business, quello dei motori diesel e della driveline, è gestito da inizio 2011 da FPT Industrial, società di oltre 8.300 persone che opera trasversalmente servendo sia il mercato captive che quello esterno con i suoi prodotti d’avanguardia.
Di questo viaggio da Torino al mondo parliamo con Guido Moscheni, 50 anni, da più di venti nel gruppo, oggi HR Business Partner FPT Industrial, alla guida di un team HR internazionale e globale di cinquanta persone.
Dottor Moscheni, come prima cosa ci racconti la sua storia all’interno del gruppo.
Ho iniziato a lavorare nel 1990 nell’allora Gruppo FIAT in Iveco - il settore dedicato ai camion, ai veicoli speciali e agli autobus – presso lo stabilimento di produzione di Brescia, che contava circa 6mila dipendenti, occupandomi di relazioni sindacali; in Iveco sono rimasto sino alla fine del 2010 ricoprendo svariati ruoli di Responsabile risorse umane a livello nazionale, a Torino e Piacenza, e internazionale, a Lione.
Dopo 4 anni e mezzo trascorsi in Francia, sono rientrato a Torino a inizio 2011 per assumere l’attuale responsabilità.
Come sta vivendo l’attuale fase di internazionalizzazione spinta, di accorpamento di brand, di cambiamenti storici per un’azienda che la storia ha sempre cercato di farla?
Come giustamente dice lei, in 24 anni di risorse umane ho visto cambiare in maniera sostanziale l’azienda di pari passo con i grandi cambiamenti sociali e di business in generale.
Oggi CNH Industrial è un’ulteriore tappa di questo processo: un’azienda davvero globale, sia geograficamente, essendo forte ed equilibrata in tutti i continenti, sia come offerta di prodotto, sia come integrazione di culture diverse.
Personalmente vivo questo momento come una grande opportunità, per me e per tutti i dipendenti di FPT Industrial, di arricchimento professionale gestendo persone e lavorando con colleghi provenienti da tutto il mondo e operanti in tutto il mondo.
In questo profondo processo di cambiamento ha un angolo di osservazione naturalmente privilegiato: quali sono le maggiori e migliori opportunità che vede? E a chi sono rivolte queste opportunità?
Come dicevo prima vi sono grandi opportunità in questa fase. La creazione di un modello di management davvero moderno e all’avanguardia che prende dal mondo anglosassone la concretezza, la semplicità, la rapidità, il guardare sempre avanti senza timori; dal mondo europeo le solide competenze di mestiere; dall’Asia e dall’America Latina la freschezza e la mentalità aperta e moderna tipica dei Paesi emergenti.
Naturalmente queste opportunità, per ragioni anagrafiche, sono molto importanti per i giovani ma sono a disposizione di chiunque ci creda e voglia coglierle. Fare parte di un Gruppo come CNH Industrial di quasi 70mila dipendenti, per noi di FPT Industrial apre scenari nuovi e molto interessanti.
Avere curiosità intellettuale, gusto per le sfide, disponibilità alla mobilità internazionale e al confronto con culture diverse. Oggi un giovane trova il suo spazio e la sua strada nel mondo del lavoro in base alla spendibilità delle esperienze che ha accumulato.
Quali sono gli aspetti più delicati da gestire?
Come in ogni processo di cambiamento e integrazione di business diversi in un unico gruppo bisogna mettere in conto che i processi trasversali di integrazione richiedono tempo e pazienza, non bisogna sottovalutare il fatto che si tratta di prodotti, clienti e canali distributivi complessi e spesso diversi tra loro.
Il vostro gruppo è da sempre attento al reclutamento e alla crescita professionale dei migliori talenti: quale sviluppo ha avuto questa attività nell’attuale contesto globale?
In FPT Industrial, essendo essa stessa una realtà relativamente nuova, con tre anni di vita, abbiamo iniziato dal 2011 un processo di rafforzamento delle competenze tecniche e commerciali legate alla nuova missione specifica per il mondo delle applicazioni industriali. Abbiamo inserito più di 200 progettisti a livello globale, rafforzato in maniera sensibile la struttura commerciale e portato avanti un processo di internazionalizzazione forte. Abbiamo oggi una settantina di talenti a livello mondo su posizioni di crescita o già “core” che costituiscono un importante viatico per guardare al futuro del nostro business con fiducia.
Rimaniamo sul tema dei giovani: quali consigli potrebbe dare loro perché possano trovare in maniera efficace e soddisfacente la propria strada in un contesto di indubbia complessità?
Avere curiosità intellettuale, gusto per le sfide, disponibilità alla mobilità internazionale, che è un prerequisito per lavorare in un gruppo globale come il nostro, ma è anche una straordinaria opportunità di aprire i propri orizzonti, confrontarsi con culture diverse e arricchirsi professionalmente in maniera significativa.
Oggi un giovane trova il suo spazio e la sua strada nel mondo del lavoro in base alla spendibilità delle esperienze che ha accumulato.
Sono da tempo convinto che tra i grandi temi su cui ci giochiamo molto del nostro futuro il primo sia la capacità di saper coniugare valori e tradizione di un’organizzazione con necessari e costanti elementi di innovazione: come vi state muovendo su questo fronte?
FPT Industrial, così come il nuovo Gruppo CNH Industrial di cui fa parte, racchiude in sé le competenze professionali che derivano dalla storia dei business che la compongono e che non vanno dimenticate, e la volontà di rinnovarsi e reinventarsi di continuo. Non abbiamo più modelli organizzativi statici perché è il nostro business a dover continuamente evolvere per stare al passo con la globalizzazione.
Oggi vi sono produttori di motori diesel in tutto il mondo, non solo più in Occidente. Cina, India, Corea, sono delle realtà in crescita con volumi di export ormai significativi. Per competere con questi nuovi costruttori dobbiamo avere la capacità e la volontà di lanciare la sfida a casa loro, di andare a conquistare quote di mercato fuori Europa e per far ciò dobbiamo costruire in questi Paesi team forti, preparati, motivati, in gran parte composti da un management locale. È una missione difficile ma non ci sono alternative. Ecco perché l’internazionalizzazione dell’azienda e delle strutture è indispensabile.
L’HR italiano è ancora fortemente orientato a competenze di mestiere specialistiche, l’HR anglosassone è più business oriented, ha competenze di management più ampie. Il segreto, in un’azienda internazionale, è trovare l’equilibrio tra questi due approcci.
HR come funzione strategica, come business partner, più o meno centrale nell’organizzazione: al di là delle etichette, oggi come è vissuta la funzione all’interno del vostro gruppo?
Quale fattivo contributo è chiamata a offrire?
La funzione HR è molto cambiata nel corso della mia vita lavorativa nel Gruppo: da un ruolo orientato alle relazioni sindacali, prettamente nazionale, si è oggi passati, attraverso un lungo percorso, a un ruolo decisamente di business partner, di supporto al business. Bisogna capire le esigenze del business in termini di evoluzione organizzativa globale, ricerca e sviluppo di manager che siano anche e soprattutto leader, gestione dei talenti a livello internazionale. Bisogna essere molto più polivalenti e aperti al mondo.
Cosa la fa divertire ancora nella sua professione oggi? Cosa invece eventualmente la preoccupa?
Mi diverte ancora molto supportare i Business leader nella costruzione di modelli organizzativi, creare e gestire le competenze che servono all’azienda, veder crescere i giovani garantendo un ricambio generazionale. Mi diverte, insomma, guardare sempre al futuro dando il mio contributo nel costruirlo. Mi preoccupa, talvolta, data la velocità con cui il mondo evolve e le generazioni cambiano, non riuscire a restare al passo con i tempi o non comprendere a fondo gli interlocutori con cui interagisco a livello globale. Ma ci provo.
Da manager globale che opera in un gruppo internazionale, quali sono le principali differenze che ha riscontrato nell’interpretazione della funzione HR tra l’Italia e gli altri Paesi?
Il business si è certamente globalizzato ma restano ancora differenze culturali tra i vari Paesi: l’HR italiano è ancora fortemente orientato a competenze di mestiere specialistiche, in ciò non troppo dissimile dai colleghi europei. L’HR anglosassone è più business oriented, ha competenze di management più ampie e specialistiche invece meno profonde.
Il segreto, in un’azienda internazionale, è trovare il giusto equilibrio tra questi due approcci.
Dottor Moscheni, nel ringraziarla della sua cortesia e della sua franchezza nelle risposte, le pongo un’ultima domanda: qual è l’obiettivo professionale principale che si prefigge di raggiungere nei prossimi due anni?
Quello di continuare a fare cose interessanti e di partecipare alla crescita di questo nuovo Gruppo.