Roberto Monti intervista Silvana Iseni, HRBP di Bonduelle Italia e ci porta in un orto unico, alla scoperta di come si coltivano i talenti delle persone e si crea il contesto giusto in cui possano liberare le proprie energie per dare il meglio di sé, ogni giorno.
di Roberto Monti, Sales Manager e Partner VisionMind
L'intervista a Silvana Iseni è stata pubblicata dal trimestrale AIDP Direzione del Personale nel numero di Gennaio 2019 (a pag. 62). La Redazione di DdP ci ha gentilmente concesso la riproduzione.
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Le posso confessare una cosa? Soddisfare la nostra dichiarazione di mission rendere accessibile al più gran numero possibile di famiglie e individui i benefici di un’alimentazione nella quale le verdure ricoprono un ruolo fondamentale (N.d.r.) – anche con i bambini (io ho due gemelle di quattro anni) le assicuro che è la sfida più difficile”.
Ride Silvana Iseni, HRBP di Bonduelle Italia, un solido passato costruito in alcune tra le multinazionali leader nei settori Food e Beverage, forte di un carattere allegro, sempre positivo, che l’aiuta a proiettarsi nel futuro partendo sempre da una consapevole analisi del presente.
Bonduelle è un gruppo francese con una storia lunga e bellissima: fondato nel 1853, oggi è leader mondiale nel settore delle verdure. Da sempre caratterizzato da visione e capacità innovativa a lungo termine, commercializza i suoi prodotti in oltre cento Paesi, con varie marche, in tutti i canali di distribuzione e in tutte le tecnologie: conserva, surgelato, pastorizzato, disidratato e fresco pronto al consumo.
Partiamo dal business: come sta l’Italia oggi?
Per chi come me non ha vissuto le gioie del boom economico d’altri tempi, è abbastanza evidente che l’Italia sia ormai da anni in difficoltà a far crescere il proprio PIL e a stimolare i consumi e gli investimenti in modo massiccio. Per le aziende FMCG, e in particolare per chi ha marchi più o meno storici e radicati, si pongono sfide decisamente inedite, perché anche in Italia stanno cambiando non solo trend e abitudini di consumo, ma anche i sistemi valoriali alla base delle scelte dei consumatori. Pensare di approcciare il business disegnando strategie tradizionali è una scommessa persa in partenza: nel mercato di oggi vince chi sa rompere gli schemi, non più semplicemente attraverso l’innovazione di prodotto.
Tutto questo, per chi come lei si occupa di risorse umane, che risvolti comporta?
Le strategie sono pensate e realizzate dalle Persone. Se il modo di pensare, di confrontarsi, di costruire scenari non cambia, difficilmente avremo strategie nuove e alternative.
Pensiamo agli attributi tipici della start-up, la forma organizzativa che si è rivelata decisamente vincente negli ultimi anni: struttura organizzativa snella, capacità di osare e sperimentare idee mai pensate, velocità di esecuzione, forte responsabilità individuale. Accostiamola a un’azienda tradizionale: struttura organizzativa complessa, con gerarchie funzionali o matriciali, process-driven o peggio talvolta procedure-driven, che anche se genera buone idee ci impiega troppo tempo a realizzarle.
È abbastanza intuitivo che, in un mercato dove l’innovazione cambia rapidamente il nostro modo di vivere a una velocità letteralmente esponenziale, questo secondo tipo di azienda avrà vita breve, se non sarà capace di modificarsi e adattarsi al nuovo contesto.
E questa capacità di adattarsi deve appartenere alle Persone che lavorano per l’Azienda. Ma non basta selezionare o formare i propri collaboratori, dobbiamo assicurarci di metterli nelle condizioni di lavorare al meglio, liberi da vincoli inutili e totalmente coinvolti e responsabilizzati sull’obiettivo.
Quindi, per noi, oggi la priorità numero uno è diventata la necessità di creare un contesto in cui le Persone possano liberare le proprie energie e possano osare di pensare e fare qualcosa di “differente”.
“La sfida principale è rinnovare ogni giorno la fiducia nelle persone”
Interessante, le chiedo però di spiegarci meglio cosa state facendo per “liberare le energie delle persone”.
Innanzitutto, siamo partiti da una constatazione apparentemente banale: tutte le Persone che lavorano nella nostra Azienda sono “adulte”, non semplicemente “maggiorenni”. Nel relazionarci con un adulto, ci aspettiamo normalmente che la persona sia responsabile, capace di pensare con la propria testa e trovare soluzioni, capace di costruire relazioni solide e trasparenti, in una parola, una persona affidabile.
Eppure, una volta varcata la soglia dell’azienda, spesso le Persone trovano regole, modi di lavorare, sistemi di controllo, prevalentemente basati su un principio esattamente opposto, che li considera bambini, piuttosto che adulti.
Abbiamo pertanto scelto di iniziare a smontare alcuni di questi meccanismi, toccando un po’ tutte le leve tipicamente ascritte al mondo delle Risorse Umane: ad esempio, abbiamo eliminato le timbrature per tutti gli impiegati, introducendo un sistema basato sulla flessibilità oraria e sull’autoresponsabilizzazione; abbiamo creato uno spazio all’aperto, fuori dagli uffici tradizionali, per offrire uno spazio di incontro e confronto diverso e appunto “aperto” in tutti i sensi. Ora invece stiamo approcciando una completa riorganizzazione degli spazi interni, realizzando iniziative di comunicazione interna per riavvicinare tutti i nostri collaboratori ai prodotti e al brand per coinvolgerli nel cuore del business, promuovendo un modo diverso di lavorare, stimolando il lavoro in team interfunzionali, a partire da processi core quali il piano strategico e il budget. Abbiamo inoltre cambiato il modo di fare formazione, liberandoci dalle giornate d’aula e promuovendo momenti di formazione e confronto in pillole, più veloci e fruibili anche da parte dei manager più impegnati.
Interventi quindi sugli ambienti di lavoro, sul sistema di regole, sui flussi di comunicazione interna, sulle modalità di collaborazione. Quali sono, tra gli strumenti che avete utilizzato, quelli che hanno prodotto i migliori risultati?
Non credo sia possibile identificarne uno o qualcuno in particolare. In realtà l’esperienza che stiamo vivendo ci dimostra che ogni iniziativa è un pezzo del puzzle, che modifica, a volte impercettibilmente, il nostro modo di vivere l’Azienda e interpretare il nostro ruolo in modo più “adulto”. Inoltre, come è naturale, ogni Persona fa propri i cambiamenti che le sono più congeniali: probabilmente, intervistando i miei colleghi, scopriremmo che qualcuno ha vissuto una rivoluzione copernicana con l’eliminazione delle timbrature, mentre per altri l’abbattimento dei silos funzionali è la vera carta vincente. Personalmente, sto apprezzando molto tutte le occasioni di incontro e socializzazione, perché nella nostra realtà si era forse perso il piacere di vivere l’Azienda come luogo sociale.
Quali sono le principali sfide che vi siete trovati a dovere affrontare?
E come le avete superate?
La sfida principale è rinnovare ogni giorno la fiducia nelle Persone: basta un errore o un malinteso per innescare la tentazione di ritornare ai sistemi direttivi e al controllo. Come dice benissimo Isaac Getz, vale spesso la regola del 3%: per punire o controllare il 3% dei collaboratori “irresponsabili”, si penalizza il restante 97% con procedure, controlli o inibizioni di ogni genere.
Quali sono stati gli impatti sull’identità e sul senso di appartenenza delle persone all’organizzazione?
Il cambiamento sta toccando molti aspetti e, come dicevamo, ciascuno è più sensibile a un fattore piuttosto che a un altro. Ciò che posso osservare è il livello di energia delle Persone che, pur continuando ad avere carichi di lavoro decisamente importanti, e pur lavorando ancora con processi e procedure non sempre efficienti, hanno piacere di partecipare ed essere coinvolti, rispondendo spesso con entusiasmo alle novità che proponiamo.
In una precedente circostanza ci aveva parlato di un progetto per rinforzare gli aspetti di Employer Branding. A che punto siete? Cosa rimane ancora da fare?
Quando abbiamo iniziato a parlare di Employer Branding, pensavamo che ci sarebbe servito in primis per dare visibilità all’Azienda, purtroppo piuttosto trasparente agli occhi dei candidati, nonostante la forza del nostro brand. Invece, con il passare dei mesi, ci siamo resi conto che sarebbe stato un supporto di importanza strategica al nostro processo di cambiamento interno. Abbiamo pertanto concepito e realizzato messaggi, strumenti, iniziative che potessero essere in primis “venduti” all’interno. Abbiamo costruito uno slogan che contiene per noi il senso di lavorare in Bonduelle, che recita: “In Bonduelle. Cogli la vita ogni giorno. Cosa scoprirai oggi?”. Liberare le energie delle persone significa infatti lasciarle libere di scoprire... e per far vivere sulla loro pelle il piacere della scoperta,abbiamo organizzato una giornata interamente dedicata ai nostri Collaboratori, che hanno potuto sperimentare nuovi approcci alla formazione, alla comunicazione, al benessere, al vivere l’Azienda come luogo di crescita personale. E l’entusiasmo che abbiamo letto negli occhi delle persone durante quella giornata è il nostro carburante per progettare presto nuove iniziative!.
“Cogli la vita ogni giorno” è uno slogan accattivante e sfidante. Cosa significa per lei concretamente?
Abbiamo iniziato la nostra chiacchierata dalla promessa del nostro Brand: accompagnarci in un viaggio alla scoperta del piacere di gustare le verdure quotidianamente, avendo la curiosità di provare sempre nuove combinazioni. Se traduco questa missione nel mio campo da gioco, quello delle Risorse Umane, l’ambizione che abbiamo è che davvero ciascuno viva la propria esperienza professionale, ogni giorno, con lo spirito del viaggiatore, che non perde occasione per scoprire un nuovo angolo di mondo. Con questo spirito, nessun lavoro può essere monotono o ripetitivo. Con questo spirito, saremo agili e veloci, capaci di cogliere ogni opportunità; siamo performanti, sempre focalizzati sulla tappa che dobbiamo raggiungere; facciamo crescere le persone, perché le ispiriamo a dare il meglio di sé, per godere appieno del viaggio insieme.
E mi permetta di concludere con pura poesia... con questo spirito... siamo liberi!
Quale sarà la sua sfida professionale dei prossimi tre anni?
Non so se basteranno tre anni, ma la sfida è vedere dove ci porta questo viaggio, con l’obiettivo di contribuire alla costruzione di un modello organizzativo nuovo, per un’Azienda che è sempre stata capace, nei suoi 160 di storia di rinnovarsi ed adattarsi ai tempi. E dopo, chissà: magari mi aprirò con coraggio alla possibilità di fare anche un lavoro diverso e al di fuori del mondo HR.